Consiglio direttivo

Paola Cazzaniga, fondatrice e presidente

La nostra storia è la storia della Barth Italia

Presidente - Paola CazzanigaDopo tre anni di matrimonio è nato nostro figlio Pietro, in anticipo di più di un mese: alla nascita, a parte il basso peso, non era particolarmente reattivo, faceva fatica ad attaccarsi al seno e ricordo di aver pensato che qualcosa che non andava: il piccolo però iniziò presto a crescere, evidenziando solo un lieve ritardo motorio.
A circa undici mesi Pietro ebbe una febbre alta con convulsioni, per cui fu ricoverato; così iniziò un lungo periodo di angoscia, in cui il bambino peggiorava, mostrando ogni giorno nuovi inquietanti sintomi che disorientavano i medici e ci facevano sentire in pericolo. Gli fu diagnosticata una miocardite severa, somministrate le cure per la funzionalità cardiaca che oscillava, per qualche giorno si rese necessario spostarlo in rianimazione; raggiunto un compenso accettabile in tre mesi Pietro fu dimesso ed il cuore tornò alla normalità nei successivi tre mesi.
Pietro riprese a crescere, aveva un sonno molto disturbato e fino ai 4 anni si ammalava spesso, necessitando di terapie antibiotiche; tuttavia mangiava bene ed il perdurare del suo ritardo motorio fu attribuito alla lunga ospedalizzazione. Pietro fece fisioterapia e con l’aiuto di calzature ortopediche cominciò a camminare a due anni; a tre iniziò a frequentare la scuola dell’infanzia, senza particolari difficoltà. Il suo buonumore e la sua brillante capacità di socializzare gli permettevano di non essere escluso dai giochi con gli amici, nonostante la lentezza motoria ed una certa stanchezza periodica, a cui facevamo fronte con qualche vitamina.
Uno dei peggiori ricordi della sua crescita riguarda il fatto che ero davvero esausta ed avevo sempre paura, la sensazione che fosse in pericolo, e non potevo condividere questo con nessuno perché le sue guancie paffute e rosee mi avrebbero fatto sembrare folle.
Quando verso i 5 anni iniziò a stare meglio pensammo di avere un altro figlio, così nacque Carlo, un bambino minuscolo e bellissimo, che in 24 ora si rivelò a rischio di vita: ricordo di aver pensato che l’avevo scampata una volta, ma che il destino era tornato a prenderci. Carlo aveva una miocardiopatia dilatativa ed il miocardio non compattato, morì a 5 mesi e mezzo, ma anche quella volta non fu possibile mettere insieme i pezzi ed avere una diagnosi.
La diagnosi arrivò quando Pietro aveva dieci anni e stava abbastanza bene: questo diede solo il nome alla paura che, da sempre, avevo sentito: subito ci mettemmo in contatto con la BSF, dove trovammo l’ascolto di chi sapeva e la competenza di coloro che avevano sperimentato tutto questo.
Non ci sentimmo mai più soli, né folli, e decidemmo così di riunire le famiglie dei piccoli pazienti italiani ed i medici che conoscevano la sindrome per fondare la Barth Italia, perchè nessun'altra famiglia si sentisse più disorientata e sola nel gestire questa malattia, per i medici che vorranno informarsi e per chi vorrà impegnarsi con noi per promuovere l’educazione delle famiglie e la ricerca di una cura.

Margherita Usai,  segretario e tesoriere

Il 16 febbraio 1994, dopo una gravidanza tranquillissima nasce Furio, un bellissimo bambino con i capelli rossi che al momento del parto non dà nessun segno di anomalia.
Al secondo giorno dopo il parto mi rendo conto che il bambino non si attacca al seno e non è reattivo e da lì inizia un calvario che dura quasi 2 mesi. Furio viene portato d’urgenza al Meyer e lì ci preparano subito al peggio, il bambino ha una sepsi gravissima e ci dicono che probabilmente non passerà la notte… , invece Furio passa la notte, è piccolo, indifeso ma lotta strenuamente e noi insieme a lui, io mi tiro il latte e lo porto al Meyer giorno dopo giorno, siamo costantemente lì, al di là di quel vetro a cogliere il minimo segnale di miglioramento non vedendo l’ora di poter indossare quel camice bianco e quelle soprascarpe verdi e poter stare accanto alla sua culla.
Il reparto di terapia intensiva del Meyer diventa la nostra casa, i medici e il personale infermieristico ci stanno accanto costantemente e finalmente l’8 di marzo ci danno la grande notizia: Furio lascia il reparto di terapia intensiva e questo significa che tra poco potrà tornare a casa! E in effetti dopo 10 gg Furio viene dimesso , felicità immensa e indescrivibile su cui si posa comunque un’ombra: nessuno ha capito cosa ha provocato quella sepsi!!
Furio cresce regolarmente, è un bambino tranquillo e sereno, i controlli a cui viene sottoposto regolarmente al Meyer sono a posto. Furio inizia a frequentare l’asilo nido e io riprendo a lavorare, tutto procede normalmente fino al 7 aprile 1995: il bambino ha una febbre altissima e sembra spossato, voliamo al Meyer, lo ricoverano per controlli e la mattina dopo Furio ci lascia per sempre, il suo piccolo cuore non ha retto.
La D.ssa Alice Donati ci chiede il permesso di prelevare delle cellule per cercare di capire cosa ha causato la morte del nostro bambino e contestualmente ci “proibisce” di pensare ad un’altra gravidanza, almeno fino a quando non si sia scoperta la causa della morte di Furio.
Il tempo passa e io e mio marito decidiamo di provare, nonostante tutto, ad avere un altro figlio e nel febbraio 1996 al ritorno da una breve vacanza a Praga scopro di essere nuovamente incinta; mentre penso a come comunicarlo alla D.ssa Donati, ricevo una chiamata dal Meyer che mi chiede di sottopormi subito ad un test del Dna perché probabilmente hanno scoperto cosa è successo al nostro bambino! In effetti la sentenza è terribile: Sindrome di Barth! Vengo subito sottoposta a villocentesi, mio marito porta in auto, da solo, la provetta a Pavia dalla D.ssa Toniolo che ci dà subito la notizia: è femmina, quindi sana, ma anche lei, portatrice, come tutte le donne della mia famiglia lo sono state negli anni senza esserne consapevoli.
Matilde, la bambina di allora, ha ora 18 anni, ama il suo fratellino profondamente, pur non avendolo mai conosciuto lo sente comunque parte di sé ; purtroppo ad oggi, per lei e tutte le ragazze portatrici della sindrome di Barth, la gravidanza non potrà essere una gioia almeno fino a quando non avranno la certezza del genere del feto o, in caso di feto maschile, dell’appartenenza a quel 50% immune alla sindrome, ed è per loro e per tutti i bambini affetti dalla sindrome e per tutte famiglie che si trovano ad affrontare questo terribile percorso che dobbiamo impegnarci in prima persona e aiutare la ricerca.
Un grazie infinito, da parte mia e di mio marito alla D.ssa Alice Donati e al Dott. Patrizio Fiorini del Meyer di Firenze, loro sanno perché.

Carlo Benedettucci, consigliere

La nostra storia inizia al settimo mese di gravidanza quando al controllo di routine vengono riscontrati problemi sulla normale crescita del bambino. Dopo numerose ricerche viene diagnosticata una cardiomiopatia ipertrofica del ventricolo sx.
ValerioAlla nascita, nonostante le buone condizioni di salute, Valerio fu trattenuto in ospedale per trenta giorni, durante i quali sono stati eseguiti esami che hanno riscontrato la presenza di una patologia metabolica. 
La diagnosi definitiva della Sindrome di Barth ci fu data dalla Dott.ssa Donati al Meyer di Firenze quando Valerio aveva 6 anni.
Nel frattempo il bambino cresceva, poco, ma in maniera costante evidenziando da subito problemi muscolari che lo hanno portato a camminare intorno ai due anni. La forte neutropenia fa si che Valerio si ammali spesso, ma il problema più grande che ne deriva è quello di soffrire di ulcere aftose che gli devastano la bocca, procurandogli febbre alta e problemi nel mangiare e nel parlare.
Con l’inizio della scuola dell’obbligo i problemi muscolari lo hanno penalizzato nell’apprendimento della scrittura e ha presentato difficoltà a mantenere la concentrazione per il tempo necessario richiesto dall’impegno scolastico.
Viste le capacità intuitive di Valerio, abbiamo ritenuto opportuno metterlo al corrente della sua malattia e di tutti i problemi che ne derivano. Grazie al suo carattere e al suo buonumore che spesso è per noi un valido appoggio, riesce ad affrontare e a lottare con i problemi che quotidianamente gli si presentano.
Adesso che ha dodici anni è riuscito a superare molti dei problemi di attenzione riscontrati negli anni passati e ad ottenere buoni risultati scolastici riempiendoci di soddisfazione e orgoglio.

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